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"Oste, portami un'altra birra! Quante volte devo dirti che i vostri maledetti boccali sono troppo piccoli?" Samuel, il proprietario della locanda, trattenne a stento un sorriso. Conosceva quel nano da poche sere ma lo trovava maledettamente simpatico. Con la massima serietà allungò al nano un boccale. "Alla tua, mastro nano!" | "Oste, portami un'altra birra! Quante volte devo dirti che i vostri maledetti boccali sono troppo piccoli?" Samuel, il proprietario della locanda, trattenne a stento un sorriso. Conosceva quel nano da poche sere ma lo trovava maledettamente simpatico. Con la massima serietà allungò al nano un boccale. "Alla tua, mastro nano!" |
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Ghibli brontolò qualcosa in nanico. Non si stava così male nel vecchio Impero. Trangugiò mezzo boccale e si ripulì la faccia con la folta barba rossa. Aveva degli splendidi riflessi ramati e come ogni nano era orgoglioso della propria barba. Quel colore ramato lo doveva a sua madre, una rubiconda nana con capelli e barba del colore del rame. Forse stonava un poco con la cresta arancione che ormai lo accompagnava, ma al nano non interessava molto. Istintivamente portò la mano alla borsa delle monete. Quanto gli piaceva sentirle tintinnare. Aveva conosciuto l'Impero diverso tempo prima, accompagnando suo padre Jurghen Thorwallen in uno dei suoi viaggi. Jurgen era uno stimatissimo membro della gilda degli ingegneri, specializzato nella costruzione di muri e fortificazioni. Capitava molto spesso che la sua grande perizia fosse pagata a peso d'oro da qualche ricca città per migliorare le difese, per rinforzare una qualche struttura o semplicemente per qualche consiglio. Ghibli era assolutamente d'accordo con il padre: gli uomini dell'impero erano i migliori alleati e clienti che il popolo nanico potessero desiderare. Certo, erano uno poco invasati con la religione... ma in epoca di pace compravano le mercanzie prodotte dal popolo delle montagne, mentre nei periodi più complicati i nani erano spesso convocati per andare a spaccare qualche cranio di orco, durante una delle periodiche invasioni che minacciavano "l'impero del Sommo Sigmar". Dopo una battaglia vi era spesso qualcosa da ricostruire: altro oro per i nani. In conclusione erano delle brave persone per essere gambe lunghe: odiavano il caos e pagavano con oro sonante le merci del popolo delle montagne. | Ghibli brontolò qualcosa in nanico. Non si stava così male nel vecchio Impero. Trangugiò mezzo boccale e si ripulì la faccia con la folta barba rossa. Aveva degli splendidi riflessi ramati e come ogni nano era orgoglioso della propria barba. Quel colore ramato lo doveva a sua madre, una rubiconda nana con capelli e barba del colore del rame. Forse stonava un poco con la cresta arancione che ormai lo accompagnava, ma al nano non interessava molto. Istintivamente portò la mano alla borsa delle monete. Quanto gli piaceva sentirle tintinnare. {{ :personaggi:slayer.jpg?300|}} |
| Aveva conosciuto l'Impero diverso tempo prima, accompagnando suo padre Jurghen Thorwallen in uno dei suoi viaggi. Jurgen era uno stimatissimo membro della gilda degli ingegneri, specializzato nella costruzione di muri e fortificazioni. Capitava molto spesso che la sua grande perizia fosse pagata a peso d'oro da qualche ricca città per migliorare le difese, per rinforzare una qualche struttura o semplicemente per qualche consiglio. Ghibli era assolutamente d'accordo con il padre: gli uomini dell'impero erano i migliori alleati e clienti che il popolo nanico potessero desiderare. Certo, erano uno poco invasati con la religione... ma in epoca di pace compravano le mercanzie prodotte dal popolo delle montagne, mentre nei periodi più complicati i nani erano spesso convocati per andare a spaccare qualche cranio di orco, durante una delle periodiche invasioni che minacciavano "l'impero del Sommo Sigmar". Dopo una battaglia vi era spesso qualcosa da ricostruire: altro oro per i nani. In conclusione erano delle brave persone per essere gambe lunghe: odiavano il caos e pagavano con oro sonante le merci del popolo delle montagne. |
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Gli capitava di sentire nostalgia di casa, Karak Izor. Mura spesse, dirupi e pendii scoscesi, per non parlare delle ricchezze... doveva distogliere quel pensiero: la cosa più vicino a casa a cui poteva pensare era la rocca degli sventratori. Quella era diventata casa sua, ormai. | Gli capitava di sentire nostalgia di casa, Karak Izor. Mura spesse, dirupi e pendii scoscesi, per non parlare delle ricchezze... doveva distogliere quel pensiero: la cosa più vicino a casa a cui poteva pensare era la rocca degli sventratori. Quella era diventata casa sua, ormai. |