Questa è una vecchia versione del documento!
Figlio di Drag il Protettore, protettore della Montagna e dei Valichi
della Tribù di Togund il Grande
Antica Tribù delle Mazze
Drag è il nome della divinità (maschio) protettrice della Montagna e dei Valichi.
Tutti i discendenti di sangue diretti di Drag vengono chiamati Figli di Drag.
Vi sono:
Togund il Grande, antico guerriero vissuto più di 2.000 anni fa, con la sua forza ed il suo coraggio portò in salvo quella che sarebbe diventata una delle più grandi Tribù delle Mazze di tutta la catena dei Monti ai Confini.
Si narra che lui ed il suo piccolo manipolo di compagni scelti sconfisse eroicamente un grande attacco di Gnalk Dente a Punta, uno dei goblin più spietati mai esistiti da quando la conoscenza viene tramandata di padre in figlio.
La leggenda racconta che Togund, in netta inferiorità numerica, sia riuscito nell’impresa di sconfiggere Gnalk grazie all’aiuto della divinità Drag, invocata da uno dei suoi compagni; il protettore dei Monti e dei Valichi con il suo potente mantello vegliò su di loro, aiutandoli ad arrivare di nascosto fino all’accampamento dei Goblin, e li, con un atto di coraggio estremo, Togund riuscì a sconfiggere il potente Gnalk trafiggendolo al cuore, facendo fuggire tutti i Goblin presenti nell’accampamento dopo aver seminato il terrore al loro interno.
Altezza: 183 cm
Peso: 75 kg
Corporatura: magra, non muscolosa, ma proporzionata
Capelli: marroni, mossi, lunghi fino alle spalle
Occhi: grigi
Viso: bei lineamenti, puliti
Barba: marrone, folta ma corta e ben tenuta
Accessori:
fascia indossata sulla fronte, fatta di stoffa scura, che sostiene e raccoglie i capelli, orecchini rotondi con piuma di aquila, collana lunga con artigli di orso
Vestiario:
pantaloni spessi in tessuto, gilet di stoffa (no maniche) indossato a torso nudo, mantello di pelliccia di orso bruno
Famiglia:
figlio di Grendal (padre, 45 anni, Sciamano Anziano della Tribù) e Reya (madre, 33 anni), primo genito di 4 fratelli, Tyeal e Varan (maschi, gemelli, 14 anni, sciamani iniziati) e Thokea (femmina, 5 anni), vive con loro anche Hunra (nonna, madre di Grendal, 61 anni)
È una mattina umida, le nubi si stanno diradando dopo una notte di pioggia leggera, la temperatura oggi è accettabile, la primavera inizia a farsi sentire anche qui da noi, sul Monti ai Confini.
Oggi per me è un gran giorno, è il mio diciottesimo compleanno, è il giorno della prova di coraggio!
Mi alzo velocemente dalla branda, infilo le vesti che ho usato ieri, frugo nella mia sacca alla ricerca di un po’ di carne secca, afferro l’otre d’acqua ed esco dalla mia tenda, addentando quel duro e salato pezzo di carne.
Mi dirigo velocemente verso il centro del villaggio, nello spiazzo antistante alle tende di Toyrin figlio di Togund in Grande, e di mio padre; voglio arrivare prima che si raduni troppa gente, non mi piace essere osservato da tutti questi curiosi che vorranno vedere la mia partenza per la prova.
Il sole inizia a fare capolino tra le montagne, Toyrin è in piedi davanti a me, alla sua sinistra c’è mio padre che mi osserva con aria seria, io direi preoccupata, anche se il suo sguardo non lascia trasparire la benché minima emozione; nello spiazzo si è già radunato un manipolo di curiosi, bambini e ragazzi, mamme e nonni, non vola una mosca, regna un silenzio quasi inquietante.
Dopo una decina di minuti di silenzio assoluto, irrompe di colpo il vocione di Toyrin:
“Caro ragazzo, ci siamo, oggi compi 18 anni, stai per passare alla fase adulta della tua vita, oggi avrà inizio la prova di passaggio che consacrerà la tua forza ed il tuo coraggio”.
“Dovrai recarti” prosegue Toyrin “fino al passo di Belanor, sui nostri amati Monti Ai Confini, dovrai rimanervi 7 giorni e 7 notti, dovrai proteggere il valico dagli attacchi degli sporchi Pelle Verde”.
“In questo periodo il passo è attraversato da diversi commercianti provenienti dall’impero, assicurati che transitino in piena sicurezza”.
“Che Drag ti protegga, figliolo, spero di rivederti adulto!” aggiunge mio padre.
“Ora vai, raccogli le tue cose e parti, cosa aspetti, fai ciò che Drag il Protettore si aspetta da te!” aggiunge Toyrin.
I primi cinque giorni passano pressoché senza nulla di fatto, qualche piccolo animale ma di Pelle Verde e mercanti neanche l’ombra.
La noia si fa sentire, oramai conosco a memoria i sentieri che partono e arrivano al passo di Belanor, la maggior parte battuti da grossi animali, cervi o forse orsi, non capisco.
Sta finendo anche il sesto giorno, quando inizio a percepire uno strano odore, ma non sembra un Pelle Verde, neanche un commerciante, non riesco a distinguere il profumo di spezie, di legname e di metallo, odori caratteristici che mi indicano l’arrivo di questi avidi affaristi.
Presto attenzione, l’odore arriva dalla parte opposta del valico; passano circa dieci minuti, vedo sbucare in lontananza una ragazza, le vesti sono ridotte molto male, l’aspetto sembra trasandato e stanco, cammina a fatica.
Non percepisco nulla di pericoloso in lei, esco allo scoperto e la ragazza quando mi vede inizia a piangere a dirotto e crolla sulle ginocchia.
Corro da lei, la sollevo e cerco di calmarla, purtroppo non comprendo la sua lingua; le offro un sorso d’acqua dal mio otre, sembra molto disidratata e bere un goccio d’acqua le fa riprendere colore in viso; lascio che si riprenda, nel frattempo il sole inizia a tramontare e faccio segno alla ragazza di seguirmi, voglio portarla al sicuro per la notte.
Lo sguardo della ragazza sembra cambiare di colpo, ora non è più disperato, ma sembra determinato: a gesti cerca di farmi capire di seguirla, io accetto, ma le faccio capire che sta per diventare buio, dobbiamo sbrigarci.
La ragazza mi porta ad una capanna estremamente malconcia, poco a ovest del passo, nel versante verso la repubblica, dalla costruzione sale puzza di sudore e sofferenza, capisco che li dentro deve esserci qualcuno di caro a questa povera donna.
Il tramonto e passato da tempo, accendo una torcia per farmi luce, non avverto nulla di pericoloso arrivare dalla casa, mi avvicino con cautela, ma la ragazza mi strattona con occhi disperati e fa segno di entrare.
Seguo la ragazza ed entro nella capanna, la vista di quello che mi si palesa di fronte mi lascia di pietra e dalla mia bocca esce involontariamente una imprecazione: una figura sdraiata su un pagliericcio, dalla pelle così scura da confondersi con la notte, quasi nera, sembra ombra, sudata, tremante, dal respiro affannoso; la donna si avvicina a questa figura, penso sia un maschio, sento che ripete più volte una parola che intuisco essere il suo nome, “Marcus”.
Mi avvicino per guardarlo meglio, faccio fatica a distinguere le sue sembianze, anche avvicinando la torcia, sembra quasi che assorba la luce; la ragazza mi guarda con gli occhi colmi di speranza, ma io non sono un dottore, sono un umile sciamano di una tribù delle Montagne.
Scuoto la testa, cerco di far capire alla ragazza che io non posso nulla su questa persona, bisogna portarlo via da qui e andare al mio villaggio; la ragazza inizia a piangere, sempre di più, mi fa gesti concitati indicando e chiamando spasmodicamente “Marcus”.
Proprio in quel momento, mentre scorgo per un attimo un movimento fuori dalla finestra senza vetri della capanna, mi arriva una folata di odore inconfondibile: è puzza di Goblin… maledizione, come ho fatto a non sentirli!
Di colpo dietro di noi la porta viene spalancata con un calcio, entrano tre Goblin, la ragazza viene colta in controtempo, lei non si è accorta di nulla, troppo assorta a disperarsi per il suo uomo.
Un Goblin con un colpo ben sferrato traccia un solco sull’addome della giovane donna, che ricade al suolo in una pozza di sangue, mentre l’altro si avventa sulla figura nera, rimanendo per un attimo disorientato, quasi non si aspettasse ciò che si è trovato davanti.
La terza bestia, invece, punta su di me: non mi faccio prendere dal panico, ricordo le parole di mio padre “Respira e concentrati, Drag ti aiuterà” e così faccio: in men che non si dica la forza fluisce dalle mie mani e il Goblin viene sbalzato in un lampo di energia contro la parete della capanna, rimanendo esanime.
Il Goblin che ha colpito a morte la ragazza sta già puntando su di me, con prontezza di riflessi riesco a mandare a vuoto il suo colpo e riesco a ribattere con un altro lampo di energia che lo disorienta, ma mi fa guadagnare tempo.
Il mio secondo colpo non lascia scampo al Goblin, cade senza vita a pochi passi dalla ragazza.
Il terzo Goblin, dopo aver infierito macabramente sul corpo dell’uomo nero, si gira verso di me, e guardandomi con disprezzo, si getta fuori dalla finestra e scappa nell’oscurità!
Rimasto solo, mi avvicino immediatamente alla ragazza, sta sputando sangue, non posso far nulla per aiutarla, la ferita è troppo profonda; mi prende la mano, mi strattona a lei e con un filo di voce mi ripete tre volte queste parole: “morte scura, morte scura, morte scur…”.
Povera ragazza, il destino non è stato clemente con lei e con questo uomo, la tristezza e la rabbia mi assalgono, ma queste due parole ripetute più volte in punto di morte non riesco a farmele andar via dalla testa: cos’avrà voluto dire con “Morte scura”?
Mi resta poco da fare al capanno, mi prendo ciò che mi spetta di diritto, le zanne di questi luridi Goblin, ricompongo i corpi dei due malcapitati, invoco una preghiera a Drag il Protettore che li accompagni nel lungo percorso verso le Montagne Sacre; esco fuori dal casolare e con la mia torcia do fuoco alla costruzione, che il fuoco li aiuti ad accelerare il percorso che li aspetta da questo momento.
Triste, ma con in testa quelle due parole pronunciate in punto di morte dalla ragazza, mi avvio per tornare al passo di Belanor, dove mi aspetta l’ultimo giorno prima del rientro all’accampamento.
Nell’ultima giornata non succede nulla degno di nota, nonostante ciò, la mia giornata viene turbata dall’immagine di quell’uomo così scuro e debilitato e dalle parole a me incomprensibili pronunciate da quella giovane donna; devo tornare al più presto e riferire a Toyrin e a mio padre.
Il mio rientro al villaggio viene festeggiato da tutti, i bambini ed i ragazzi mi salutano mentre passo e mi accompagnano fino allo spiazzo, dove ad attendermi trovo mio padre Grendal, avvisato del mio arrivo dagli schiamazzi dei più piccoli.
Basta uno sguardo a mio padre per capire che c’è qualcosa che non va. Ha ragione!
Gli chiedo se possiamo tralasciare la cerimonia e parlare noi due in privato con Toyrin, voglio riferire al più presto ciò in cui mi sono imbattuto durante la prova.
Arrivato Toyrin, inizio subito a raccontare ciò che mi è accaduto il giorno scorso: alla descrizione dell’uomo e alla pronuncia della parola “Morte Scura”, il sopracciglio destro del Grande barbaro si aggrotta per un momento, segno che qualcosa lo sta turbando nella mia descrizione.
Educatamente mi lasciano terminare il racconto, e, dopo alcuni minuti di silenzio Toyrin mi guarda e mi dice:
“Ragazzo, sei stato coraggioso e forte, la tua promozione non è in discussione, da oggi sarai considerato uno Sciamano Adulto a tutti gli effetti…. Ma… la parola “Morte Scura” non mi è nuova: ciò che mi hai raccontato è la conferma di alcune informazioni che alcuni scout nanici mi hanno riferito durante uno dei miei viaggi di perlustrazione nei territori vicino al villaggio.”
“Il nano mi raccontò che una terribile epidemia si sta abbattendo sulla Repubblica, chiamata proprio “Morte Scura”, usando il termine dell’idioma locale”.
“Nessuno al di qua delle montagna ha mai riportato i sintomi o le conseguenze che hai riferito, Brax”, continua Grendal, “la cosa è molto seria, se questa malattia inizia ad infettare genti anche da noi non dovremo e non potremo farci trovare impreparati”
“Per far ciò, l’unico modo che abbiamo per acquisire informazioni è mandare qualcuno nella Repubblica, aldilà delle Montagne Ai Confini” continua Toyrin
“Te la sentiresti?”
La domanda fatta all’improvviso mi disorienta, devo decidere ora.
Toyrin e Grendal hanno grosse aspettative su di me, non posso deluderli!
“Accetto! Quando volete che parta?”
“Anche subito, ribatte immediatamente Toyrin, non c’è tempo d’attendere!” dice Toyrin.
“Figliolo, ricordati sempre chi sei, un figlio di Drag, al di là delle montagne sarai solo, ma non perdere mai l’orientamento dato dalla nostra fede!” dice mio padre prendendo le mie spalle tra le sue mani.
Prima della partenza vado nella mia tenda, recupero tutto quello che può servirmi per il viaggio, saluto la mia famiglia, abbraccio mia nonna, spero di poterla rivedere un giorno, abbraccio la mia sorellina Thokea ed i miei due fratelli.
Mi incammino a piedi verso le montagne, tanti pensieri attraversano la mia testa in questo momento: non sono mai stato nella repubblica, una lingua nuova, un posto nuovo, gente nuova, pericoli nuovi… ma al pensiero di tutto ciò mi stimola e mi incuriosisce e spaventa allo stesso tempo.
Ma una sola cosa non riesco a togliermi dal pensiero: “Morte Scura” e l’aspetto di quel povero uomo che ho incontrato solamente ieri…