Kaelen Silvariel
Kaelen nacque nella piccola foresta di Loryn, figlio di Aelius, tessitore e narratore, e di Enirel, guardiana dei sentieri sacri. Trascorse la prima infanzia tra le fronde degli alberi giocando con i fratelli: l’orgogliosa Alynea, esperta nelle arti curative e dotata di severa saggezza, e i gemelli Lorion e Faelar, il primo pacato e riflessivo, il secondo sempre pronto a mettersi nei guai. L’intera famiglia viveva immersa nelle tradizioni e nei riti antichi, che scandivano le stagioni degli elfi dei boschi.
Durante l’adolescenza, che per un elfo si protrae per molti decenni, Kaelen mostrò una vivacità fuori dal comune. Dai 15 ai 70 anni fu instancabile nell’esplorare ogni angolo della foresta, ma anche nel mettere alla prova la propria abilità nel tiro con l’arco, nella corsa tra i rami e nella caccia furtiva. Con Alynea imparò le basi della guarigione, da Lorion apprese la pazienza nell'attesa della preda, e da Faelar la capacità di improvvisare di fronte al pericolo.
Crescendo, Kaelen cominciò a distinguersi dagli altri giovani elfi: era spesso tentato dai confini, attratto dai racconti degli umani e degli animali migratori, desideroso di scoprire cosa si nascondesse oltre le radici sacre di Loryn. I suoi genitori osservavano con orgoglio il suo talento, ma anche con una sottile preoccupazione: Kaelen non si accontentava mai delle risposte ricevute ed era affascinato da storie e oggetti che i suoi simili consideravano insignificanti o pericolosi.
Era consuetudine, tra fratelli, sfidarsi tra sentieri, salti e battute di caccia; fu proprio durante una di queste battute che accadde l’irreparabile: Faelar, a cavallo, tentò un salto troppo audace e l’animale urtò un tronco nascosto tra la vegetazione. L’impatto fu violento: Faelar fu sbalzato a terra e restò immobile, il respiro cortissimo. In preda al panico, Kaelen lo caricò sul proprio cavallo e lo spronò a una folle corsa verso il tempio sacro del villaggio. In quel momento di disperazione, Kaelen si accorse che, concentrandosi intensamente, riusciva a trasmettere la propria urgenza e determinazione all’animale, che rispose superando limiti fino ad allora insospettati.
Nonostante la rapidità dell’intervento e l’intercessione dei sacerdoti, Faelar sopravvisse, ma riportò gravi danni mentali che resero difficile ogni comunicazione semplice e spezzarono lo spirito vivace che lo aveva sempre contraddistinto.
La sua vita cambiò radicalmente: nei lunghi anni successivi Kaelen divenne le sue braccia, le sue mani, i suoi piedi e la sua testa. Ogni gesto, parola e decisione passava attraverso il fratello maggiore, che affrontava le sfide quotidiane e proteggeva Faelar, offrendo sostegno e sicurezza là dove la mente e il corpo del gemello non bastavano più. Faelar sembrava capire tutto ciò che accadeva, ma le parole restavano bloccate in lui, e solo raramente riusciva a comunicare emozioni profonde con uno sguardo o una carezza.
In questi anni di dedizione, il legame tra Kaelen e Faelar si trasformò e si rafforzò oltre ogni aspettativa. La fratellanza, già profonda, divenne un fondamentale rifugio di affetto e lealtà, costringendo Kaelen a maturare e a guardare il mondo con uno sguardo più intenso, attento e compassionevole. Questo periodo segnò Kaelen indelebilmente, insegnandogli il valore del sacrificio e della comprensione al di sopra di ogni regola o giudizio della comunità.
Questa inquietudine dovuta dalla sua volontà di restare accanto al fratello, ma al tempo stesso dalla necessità atavica di scoprire il mondo lo portò, verso i 70 anni, a cominciare a trascorrere sempre più tempo lontano dalla famiglia, cercando sfide e stimoli al di fuori della comunità. Si fece amici tra gli animali selvatici, scambiò parole con viandanti e cacciatori ai margini delle radure e studiò i sentieri segreti che conducevano alle terre degli uomini. La sua assenza divenne sempre più frequente, e i riti della comunità cominciarono a pesargli come vincoli piuttosto che come guida.
All’avvicinarsi dell’età adulta, intorno ai 90 anni, Kaelen era ormai un giovane elfo inquieto e scontento della vita rituale, incapace di ritrovare completamente il senso di appartenenza che aveva sentito da bambino. I legami familiari si fecero più sottili, mentre la curiosità e il desiderio di avventura lo portarono sempre oltre, fino a sfiorare il confine tra i mondi. Fu in questo periodo che le sue scelte e le sue esplorazioni iniziarono a metterlo in contrasto con gli anziani della foresta e accrebbero la distanza tra lui e i fratelli, divisi tra affetto, preoccupazione e disapprovazione.
Un giorno, durante un’esplorazione, trovò un villaggio umano devastato. Tra le ceneri, scorse un bambino vivo ma gravemente ferito. Mosso a pietà, lo condusse tra le radici più antiche della foresta e, nella speranza di salvarlo, osò entrare con lui nel tempio sacro agli elfi. Il disastro fu immediato: la presenza dell’umano in quel luogo inviolabile scatenò la furia degli spiriti della natura; tempeste e rami spezzati misero fine alle speranze di Kaelen, che vide il piccolo morire tra le sue braccia. Dichiarato responsabile della profanazione, il Consiglio dei Driath lo bandì. Nessuna supplica, nemmeno le lacrime di Enirel o la severa intercessione di Alynea, poterono salvarlo dal destino dell’esilio.
Esiliato, Kaelen si fece un nome tra le terre di confine: un outrider dai riflessi felini e dall’animo selvatico, che vive vendendo il proprio arco e la propria lama. Degli elfi conserva la grazia e la precisione, ma nel cuore ribolle il fuoco dell’orgoglio e della collera. Ama il rischio e disprezza la paura, come se affrontare la morte fosse l’unico modo per far tacere il rimorso.
Durante i suoi viaggi, offrendo la propria maestria al miglior offerente, ebbe modo di combattere anche accanto a nani mercenari provenienti delle montagne di Kar-Dun. Con loro condivise combattimenti in difesa di carovane di mercanti contro orchi e troll, imparando ad apprezzarne la tenacia, la disciplina e il valore della parola data. Eppure, nonostante la stima reciproca, Kaelen non riuscì mai a comprendere pienamente il loro amore per la pietra e per il sottosuolo. Per lui, vivere lontano dal sole e dal vento significava rinunciare a una parte dell’anima.
Nel corso di questa vita errante, Kaelen ha incrociato le più disparate tipologie di uomini. Un mercante lo aveva stipendato in gioielli e vino raro per recuperare una carovana dispersa, scoprendo che il vero tesoro in realtà era una lettera d’amore nascosta tra le stoffe, destinata alla figlia del mercante. In una città di frontiera si ritrovò assoldato da una compagnia di attori itineranti, che dopo averlo visto difendere coraggiosamente il loro carro dai ladri, gli dedicarono una commedia: il suo personaggio era “il fiero elfo dal sorriso impossibile.” Ha anche insegnato ad alcuni giovani umani impauriti come tendere una trappola e come muoversi nella selva, scoprendo la gratitudine contenuta in un pane ancora caldo, offerto in cambio della salvezza.
Kaelen porta con sé tutte queste storie e i nomi dei suoi cari, soprattutto il povero fratello Faelar, come una cicatrice e come promessa: la loro memoria lo accompagna dovunque la foresta non lo vuole più.

