Role Master

“Conoshco i miei diretti!”
I due soldati della milizia che ti tengono fermo sghignazzano. Il sergente che sta compilando il verbale riguardante il tuo arresto alza gli occhi, aggrotta la fronte e con fare sprezzante ti corregge: “Forse, pensi di conoscere i tuoi DIRITTI. Beh. Sarà anche vero, ma dubito che potrai ritrovarli, annegati come sono nella birra che ti sei scolato.”
“Queshto lo dite voi! Non shono u…ubriaco!”
“Lasciatelo.”
Di colpo la stanza gira, gira, gira. Il pavimento ti corre incontro e si fa buio.

Tre settimane nelle celle imperiali. Non il massimo, ma ci vuol ben altro per atterrirti. Certo, ci son stati vari momenti in cui ti sei chiesto cosa diavolo ti abbia spinto a lasciare il più freddo, ma ben più accogliente nord per ficcarti nella confusa capitale imperiale. Ti sei sempre risposto che il livello delle…accompagnatrici…è ben più alto e che già questo è valso assolutamente. Eppoi il trattamento ricevuto non è stato poi così disastroso, in galera. Hai messo subito a posto le cose, spaccando la mascella a un galeotto che ti prendeva in giro per il tuo accento kislevita, riscuotendo peraltro l'apprezzamento dei secondini.
Stai tranquillamente pensando a come riprenderai la tua vita una volta fuori, quando la porta della cella si apre. Uno dei due è un giovane chierico sigmarita. L'altro è un cacciatore di streghe. La tua proverbiale tranquillità kislevita va a farsi benedire. Ti guardano per alcuni lunghissimi secondi.
Poi il cacciatore di streghe, rivolgendosi all'altro, ma tenendo i suoi occhi grigi su di te, dice: “Lui andrà bene, fratello. Ci vuole sempre qualcuno di grosso che si frapponga tra te e il nemico.”
Il prete annuisce. L'altro, rivolgendosi a te, continua: “La tua pena è abbreviata, ragazzo. Sarà cambiata in un servizio reso al tempio di Sigmar. Scorterai fratello Muller.”
La sua voce non ammette repliche. Così come il tono perentorio con cui ti ordina di uscire di lì.